Siamo ripiombati – neanche troppo inaspettatamente – nel pieno della pandemia. È ritornato l’incubo dei voli cancellati, delle quarantene, dei tamponi al rientro e di tutto ciò che ci impedisce di pensare serenamente a poterci spostare per diletto. Stiamo assistendo alla più grave crisi del turismo e non stiamo facendo nulla per evitare che ciò accada.
Stanno sparendo tour operator e agenzie di viaggio e, con una certa velocità, spariranno molte strutture ricettive. Quelle delle grandi città stanno accusando più duramente il colpo. Una breve pausa estiva ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo: si era presentata con l’aspetto di una cieca ripresa, persino piena di fiducia. Che però non è bastata a risollevare un settore in perdita da marzo e senza indennizzi adeguati.
Perché non possiamo ignorare il turismo adesso
Il turismo non è solo svago. Non è un capriccio. Il turismo è vitale e indispensabile; è diffusione profonda di valori, quei valori che rendono l’Italia il Paese più bello del mondo agli occhi di tutti; ed è anche civiltà. Il paese del sole, del mare, della pizza, dell’olio extra-vergine, delle Dolomiti, di Capri e Positano, della Puglia, della Sicilia, della Cappella Sistina, degli Uffizi, degli artigiani del vetro, delle maioliche, non sarebbe lo stesso senza il turismo, unico mezzo che ci permette di essere e di divulgarci.
Siamo passati dall’incoraggiare il turismo di prossimità allo sconsigliare tutti gli spostamenti non necessari al di fuori dal proprio comune. E quindi, ad ignorare nonché danneggiare un intero comparto. Che però, vale il 13% del PIL nazionale, e che occupa 3,5 milioni di lavoratori, pari al 15% del totale. Dietro un albergo chiuso (o peggio ancora, vuoto) non c’è solo il fallimento della proprietà, ma ci sono dei receptionist, dei direttori di sala, dei camerieri, degli operatori delle pulizie, dei fornitori, dei responsabili della comunicazione. Dei tour operator, degli accompagnatori, delle guide turistiche, delle aziende di trasporti.
Crisi del turismo: quale sarà l’eredità del covid
Per quanto tempo saranno ancora disponibili – e soprattutto sostenibili – gli aiuti da parte del governo? Quando finiranno, cosa succederà allo scadere del blocco dei licenziamenti? Il turismo riuscirà a ripartire come prima, le strutture riusciranno a resistere e a rialzarsi? Bisognerebbe affrontare il problema guardando, una volta per tutte, con lungimiranza e franchezza al nostro futuro.
Ci eravamo commossi davanti alla bellezza delle nostre piazze vuote. Ora, però, all’euforia, sta subentrando lo scenario peggiore: quello del covid che contribuirà alla morte delle nostre città patrimonio mondiale. Alla morte economica e sociale delle eccellenze, degli artigiani che hanno fatto la storia dei vicoli di Firenze e delle isole di Venezia. E soprattutto, contribuirà agli alberghi nelle mani della criminalità organizzata o degli investitori stranieri.
Aiutaci ad aiutarci: viaggia (poco) ma viaggia bene
Ha davvero senso scoraggiare gli spostamenti non necessari, ma non impedire a fiumi di persone di riempire gli stessi vagoni della metro o di viaggiare stipati sui bus nelle ore di punta? Si corrono davvero dei rischi prendendo la propria auto per recarsi, da soli o con i propri congiunti, in un agriturismo immerso nella campagna senese o in una baita sperduta in montagna? Certo, sarebbe uno spostamento non necessario. Ma sfugge il concetto che il superfluo a cui ci viene chiesto di rinunciare, sia la ragione di vita e il pane per molti.
Ogni scelta in questo periodo è rispettabile. Non è facile muoversi a cuor leggero, o per lo meno non dovrebbe esserlo. Ma è pur vero che mangiare in un ristorante o dormire in un hotel che ha adottato tutti i protocolli di sicurezza anti covid richiesti dallo stesso governo, non dovrebbe costituire un rischio di gran lunga superiore ad altre attività che svolgiamo quotidianamente.
Cerchiamo di contribuire, nel nostro piccolo e con piccoli gesti, a dare forza a chi in questo periodo ne avrebbe davvero bisogno. E se proprio non ci sentiamo sicuri – nonostante i rigidi protocolli – a mangiare al ristorante o a dormire in hotel, ordiniamo da asporto e prenotiamo una vacanza in Italia per la prossima estate.
E rimproveriamo chi non pesa le parole.
Un settore che impiega 3,5 milioni di lavoratori non può essere considerato superfluo.
Abbiamo bisogno del turismo, e l’Italia ha bisogno di italiani che ne siano fortemente convinti.